2017 – Antonio Crivellari: Cesco
“Garbato e compassato nei modi, affidabile e cordiale nell’indole, disponibile e ponderato nei giudizi, sapiente e magistrale nel suo operato: stiamo parlando di Cesco Magnolato, maestro d’arte pittore e incisore.
… Cesco – così gli amici conoscitori della sua arte lo chiamano – ha una infinita carriera attiva alle spalle, costellata da riconoscimenti e soddisfazioni notevoli. Nonostante la veneranda età, ricordo una recente dedica che gli scrissi nella prima pagina di un mio libro, in cui lo appellai ‘mio coetaneo’, proprio per quel suo dinamico slancio operativo e l’entusiasmo che di norma appartiene a persone di età inferiore alla sua. Nel suo caso non funziona per sottrazione di lustri e decenni il fervore che accompagna l’animo pittorico creativo. All’inizio di queste pagine avevo elencato le caratteristiche salienti della sua personalità, ma non avevo menzionato un aspetto che riservavo per una precisazione durante lo scritto, che ora penso opportuno indicare: Cesco, discreto e al tempo austero, è molto severo con se stesso, pur conservando l’andamento sereno con quel suo distinto ‘abito’ comportamentale.
Passando ora a una breve inquadratura della sua arte, è indispensabile premettere che Magnolato è un figurativo la cui particolarità risiede nella predominante e intensa interpretazione, con la forza del segno e del colore, della dura vita della campagna del Basso Piave che ha subito uno spopolamento sul finire degli anni ’50 verso i centri urbanizzati.
L’ambiente agreste dipinto emerge stravolto e sconvolto, invaso da un vento impetuoso implacabile che trascina le persone mutandone le espressioni sino a divenire deformate, spettrali, serbando in seno il profondo senso della disperazione. È la rappresentazione di un dramma umano vissuto con angoscia per l’addio alla terra, suolo ormai arido e inanimato. Le pennellate sono intense e il tratto grafico incisivo, penetrante, le cui impronte emanano una vibrazione inquieta a testimonianza del dolore delle genti dei campi sfollati piegate dal crudele destino. Tuttavia dai volti alterati traspare il sentimento di lotta, di resistenza e di tenacia contro le avversità secondo la scansione di un ritmo alternante tra solitudine e fierezza proprio delle genti genuine della campagna.
L’impostazione delle opere, bene osservabile anche dal fruitore comune, registra un movimento diagonale che conferisce alle stesse una sensazione di dolorosa fuga interiore in cui il gesto risulta attraversare la tela con rapida ma fervida obliquità ancorata alla vita soltanto dal forte legame cromatico tra figura e paesaggio: i coloni verso una sorta ignota e la natura arresa, nonostante i sacrifici e la travagliata esistenza nei campi.
Magnolato così vive la sua arte, assistendo alla crisi di un mondo che non si riconosce più e ripercorrendo quella dimensione con tutta l’amarezza per una condizione così assurda e sofferta.“