12 Dicembre 2022 – In ricordo di Cesco
“Quello che non sono riuscito a fare in questa vita lo farò nella prossima”
è scritto su un piccolo pezzo di carta appuntato nel suo studio.
Cesco era una persona colta e sensibile, un animo gentile dissimulato da uno sguardo severo e accigliato, aveva un’intelligenza brillante, critica, ironica e auto-ironica fino all’ultimo.
La sua è una famiglia numerosa: la moglie Bruna, un punto fermo nella sua vita, i tre figli, Alessandro, Alberto e Francesca, con le loro stesse famiglie, Gianna la cognata; e Giancarlo Dal Maso, considerato uno di casa, amico inseparabile di una vita.
Ma la vita ha le sue strade e in vecchiaia, venuti a mancare gran parte dei suoi cari, Cesco ha tratto nuova energia dai nipoti, che lo hanno reso molto orgoglioso, ciascuno seguendo le proprie vocazioni esattamente come lui ha sempre fatto, fino all’ultimo dei suoi giorni. Ricorderanno per sempre l’infanzia passata tra i colori e il profumo dell’acquaragia e la consapevolezza di aver avuto un nonno a cui ispirarsi.
Fin da giovane ha mostrato una particolare passione per osservare la Natura e la Vita degli uomini, trascrivendo poi nel disegno ciò che questi gli muovevano dentro.
“Io sono quello della terra”, diceva di sé, riferendosi proprio alla sua terra del Secondo Dopoguerra, quella del Basso Piave e dei contadini, protagonisti umili della Vita e delle sue opere.
Vi è certamente un senso di sgomento ma anche di silenziosa determinazione nel resistere alle sofferenze, ai cambiamenti, a ciò che la vita ci riserva. Così i suoi personaggi, seppur piegati, comunque avanzano, con le mani forti e nodose come radici di chi si aggrappa anche al vento che lo sferza.
Da qui l’appellativo di “cantore di una umanità umile ma tenace” che, rappresentata a volte da individui solitari, altre volte da coppie o da gruppi familiari e talaltre, ancora, persino da interi popoli migranti, affronta l’Esodo, uno dei temi a lui più cari.
Un tema attraverso il quale racconta l’epopea dell’abbandono dei campi del Basso Piave, fin dagli anni ‘50 e ‘60, ma che descrive anche le drammatiche migrazioni avvenute in questi ultimi decenni: avvenimenti che hanno messo, e che tutt’oggi ancora mettono, a dura prova i sentimenti e i valori di persone, di famiglie e di popoli.
Un tema, quello del viaggio e del cambiamento che esso rappresenta, in cui possiamo scorgere l’appartenenza ad un destino comune, che ognuno di noi nella propria vita deve affrontare se non altro a causa del trascorrere della vita stessa. In fondo, quei personaggi potremmo essere tutti noi, con le nostre famiglie.
L’opportunità di studiare e successivamente di insegnare, per oltre trent’anni, all’Accademia delle Belle Arti di Venezia gli ha permesso di conoscere molte persone: amici e colleghi artisti con cui ha stretto legami forti, molti dei quali durati tutta la vita.
Come quelli costruiti con altre realtà del mondo dell’arte quali l’Associazione “Cà Lozzio Incontri” di cui era direttore artistico e l’Associazione Nazionale Incisori Contemporanei. Non basterebbe una giornata intera per ringraziare ogni singolo amico, artista, critico d’arte, fotografo, poeta, e tutti coloro che gli hanno regalato il dono prezioso di aver mescolato insieme le loro vite, le loro passioni.
Ci sono voluti più di tre anni per raccogliere, in queste pagine, solo una piccolissima parte delle vostre testimonianze di affetto e di stima, e per questo, Alessandro e Alberto sono certi che Cesco vi ringrazia e vi abbraccia tutti.
I familiari infine vogliono condividere con tutti coloro che hanno incrociato la sua esistenza, o anche solo goduto delle sue opere, gli ultimi versi della sua poesia preferita, di Eugenio Montale, che amava spesso riascoltare:
… Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Alberto, Giulio, Veronica