L’espressionismo grafico di Cesco Magnolato

1977 – Mario Bernardi descrive l’espressionismo nella grafica di Magnolato:

“… Bisogna studiare a lungo l’espressionismo grafico di Cesco Magnolato per comprendere quali strade, quali percorsi, quali scelte intellettuali e spirituali lo abbiano portato allo svolgimento di una didascalica lettura dell’immaginario vissuto.

Bisogna sforzarsi di intendere i suoni e i ritmi di vita delle umane vicissitudini che hanno contrassegnato la sua infanzia nella nudità di un mondo contadino povero, negletto, abbandonato alla “servitù” come componente naturale del vivere sociale, nel perenne abbraccio della miseria con la povertà assoluta. Bisogna cercare negli occhi dei suoi protagonisti la disperazione delle ore, dei giorni e degli anni trascorsi nell’incubo di una successione di avvenimenti drammatici che non avevano fine, se non con la quiete della morte.

Bisogna capire quale trasposizione mentale un artista vero abbia bisogno di imprimere alle sue opere per misurarsi con la verità segreta di questa sua gente e decifrarne i bisbigli soffocati dal pianto o dalla commozione nei quali si affastellano i pensieri dei disperati.

Ogni momento di queste esplosioni di idee e di sentimenti si affacciano come fotogrammi abbaglianti di una storia passata che, scavata nei primordi, si affaccia alla vita con la prepotenza che gli spetta e si prepara all’abbraccio con l’artista, perchè solo lui sa compiere il miracolo di una “resurrezione” capace di esplicitarne i toni. Dando alle immagini che escono dalla sua memoria un’anima vera: quella che ritroviamo – appunto – non solo nei volti obliterati da linee o da fasci di luce, ma soprattutto nelle grandi scene pittoriche, dove il colore e la sovrapposizione dei toni rigurgitano di passione e sentimento.

Magnolato pittore pone chi lo guarda di fronte alla spettacolare esigenza strumentale di un espressionismo genetico. Pulsante come le vene degli uomini, che vengono raffigurati dentro a spazi travolgenti di luce e di solitudine. Volti emaciati o sconvolti, che non raggiungono mai le lacerazioni timbriche care a Munch e a Bacon, ma seguono un loro percorso terragno più umano. Più speculare alle sembianze degli uomini nostri, che non possono essere sconfitti dalle vicissitudini e non sono mai travolti o perduti ai valori intrinseci della vita. Una pittura pulsante nella quale, come ricorda Giancarlo Pauletto in un suo lucido saggio dedicato al Maestro: “… il pittore diventa protagonista di una eterna anabasi, che se da un lato esprime tutta la sofferenza, il dolore dell’esistere, dall’altro però non propende all’abbandono e alla disperazione, ma piuttosto ad una sempre nuova volontà di coscienza… “.

Porsi di fronte alla pittura di Cesco Magnolato significa dunque immedesimarsi nelle immagini scaturite dalla sua anima ed accompagnarsi a loro entrando dentro ad un turbine infinito di passioni e di sentimenti. Perchè la pittura abbia ad essere insieme corpo e anima dei bioritmi che nutrono la vita.

Aria, vento, colore, profumo e verità dell’immenso che ci circonda e manda segnali di grandezza e di sublimità incommensurabili.

Quando, studiando i grandi Maestri della pittura che gli sono stati fedeli compagni di cultura e di pensiero, gli sono passati negli occhi i mondi di Nolde, di Beckmann, di Sutherland; ma anche di Grunewald e di Durer, Cesco Magnolato ,nell’umiltà che deve essere propria ad ogni artista vero, ha sicuramente raccolto dentro di sè lo spirito elegiaco e le passioni di questi Maestri. E, aggiungendo il proprio tassello all’infinito mosaico della pittura di ogni tempo, ha certamente lasciato – a noi che lo leggiamo -il segno della profonda volontà di donarci una parte del segreto della sua vita di pittore importante; interprete efficace della uni versalità cosmogonica che scaturisce nelle sue tele come un fiato caldo di grande umanità e bellezza. Il magico e sorprendente erompere dei colori della vita, che sono in Magnolato le “nuances” dei rossi, dei gialli, dei blu, confusi insieme in un turbine delicato di passioni alte, ci danno la grazia della speranza. Che pretendere di più, da un interprete dei sentimenti?